Artravelling: Leonora Carrington: Donne nell'Arte del Novecento

martedì 24 novembre 2020

Leonora Carrington: Donne nell'Arte del Novecento



“Non intellettualizzare le mie opere, sprecheresti il tuo tempo, ma vedile attraverso le tue sensazioni.”

Con changeling si intende un essere fantastico simile ad una fata che sostituisce i neonati degli umani con i suoi. Il sostituto si riconoscere perché è intelligente, molto più di un bambino umano normale, ma con un comportamento molto diverso, tanto che spesso non riesce a inserirsi nella vita quotidiana. Per Joanna Moorhead, sua parente e ricercatrice, Leonora Carrington era un changeling e questo spiegherebbe la sua straordinaria immersione in un mondo fantastico e sconosciuto, che solo lei poteva descrivere nelle sue opere. La sua famiglia, soprattutto il padre, non ha mai capito il suo carattere e il suo modo di vivere. Sua madre era solita dire agli altri che era una modella per pittori e non una pittrice, quasi fosse una vergogna. Quindi lei amava ricordare che la sua propensione per la pittura non veniva dai suoi geni ma da qualche altra parte…


Leonora Carrington, detta Prim, era una pittrice e scrittrice britannica surrealista, fondatrice del Movimento di Liberazione delle Donne (WLM) in Messico durante gli anni settanta.
Nasce in una ricca famiglia di origini irlandesi. Fin dalla giovane età, riceve una solida formazione in famiglia, ed è introdotta alla lettura di autori come William Wymark Jacobs, James Stephens, Lewis Carroll, Beatrix Potter ed Edward Lear, che influenzeranno i suoi primi esercizi di scrittura. Leonora rielabora e descrive storie, in particolare con ricorrenti scene di animali, quali cavalli, tartarughe e gatti giganteschi. Anche i racconti della madre su spettri e personaggi del folclore irlandese hanno una gran influenza nel suo immaginario. Studia in un collegio cattolico con non poche difficoltà dovute a una forma di dislessia e uno spirito ribelle. Considera limitanti le imposizioni sociali della sua famiglia alto – borghese soprattutto in quanto donna rispetto al trattamento riservato ai suoi tre fratelli. 

Era una bambina solitaria ma idomita e indecifrabile, i suoi fratelli spesso non la includevano nei loro giochi e questo l’ha costretta a crearsi un universo immaginario tutto suo. Iniziò a scrivere piccole fiabe illustrate in cui animali fantastici si muovevano tra i pianeti e nello spazio profondo. Viveva in una splendida villa vittoriana ricca di fascino gotico chiamata Crookhey Hall, nel Lancashire. La magione ricordava molto quelle descritte nei racconti di Henry James, compreso il lago e le torri infestate da fantasmi. La sua fantasia rifletteva queste atmosfere, i personaggi dei suoi quadri sono sospesi e immateriali come amici immaginari di una bambina troppo sola.  
A quindici anni venne inviata a Firenze per approfondire la sua istruzione e dedicarsi alla pittura. La famiglia non è contenta di questa scelta e il padre la critica apertamente. Considera la pittura "orribile e idiota, se sua figlia avesse seguito quella strada sarebbe diventata povera o omosessuale, entrambe più o meno lo stesso crimine". Riesce comunque a frequentare un’importante scuola d’arte di Londra, ma anche qui il suo carattere ribelle la porta ad avere contro anche gli insegnati che sembrano voler piegare questo spirito troppo anticonformista. Il suo primo dipinto, un ritratto di un’amica, contiene già i germogli di una profondità simbolica: la sfida e l’anticonformismo come arma contro il muro delle convenzioni sociali.
Durante la prima esposizione surrealista a Londra nel 1936 entra in contatto con alcuni pittori surrealisti. Acquisisce familiarità con il Surrealismo da una copia del libro di Herbert Read, Surrealism (1936), regalatole da sua madre, ma per il resto riceve poco incoraggiamento dalla sua famiglia a forgiare una carriera artistica.  

Parigi/ Saint-Martin-d'Ardèche

Rimane affascinata da Max Ernst. Nonostante la differenza di età, lui è cortese, premuroso, interessato e affascinante; diventano subito una coppia e si trasferiscono a Parigi. I rapporti con la famiglia si fanno sempre più difficili fino a una drastica rottura con il padre nel 1938. Leonora oltre alla passione per la pittura, porta avanti anche la passione per la scrittura. In questi anni scrive il suo primo racconto breve, “La maison de la peur”, che viene pubblicato l’anno successivo arricchito da opere dello stesso Ernst. Lui la ritiene un’artista talentuosa, e vede in lei una perfetta incarnazione dei valori surrealisti credendo che le sue visioni oniriche originali fossero dovute all’inconscio più che a un solido lavoro di scrittura. I suoi temi sono autobiografici: le protagoniste dei suoi racconti sono giovani confuse ma desiderose di vivere in maniera trasgressiva. Il desiderio di non assoggettarsi alle regole e allontanandosi dalla società oppressiva per vivere a contatto con la parte più selvaggia, rappresentata dagli animali di una foresta fantastica. Una parte importante della sua vita si basa sulla relazione con Ernst. È consapevole di essere dipendente da lui, lo dipinge spesso in quadri in cui il suo cavallo è paralizzato o congelato. Si trasferiscono ad Ardèche, un paesino provenzale, dove occupano una piccola fattoria. Qui frequenta Lee Miller, Roland Penrose, Leonor Fini.
Sperimenta la disperazione della perdita quando allo scoppio della seconda guerra mondiale Ernst viene incarcerato in un campo di concentramento perché la sua arte è considerata dai nazisti "degenerata". Riesce a scappare e, lasciandosi alle spalle la Carrington, fugge negli Stati Uniti con l'aiuto di Peggy Guggenheim. Lei riesce a fuggire. Il viaggio verso Madrid è pieno di oscacoli che minano la sua già traballante sanità mentale. Rimane con amici di famiglia finché l’ansia paralizzante e le delusioni non la portarono a una rottura psicotica, e viene ricoverata nel manicomio di Santander. Le fu somministrata una "terapia convulsiva" e fu trattata con un potente farmaco ansiolitico e un barbiturico (ora fuori legge). Quando i suoi genitori cercano di riportarla nello Lancashire, ma la Carrington rifiuta di tornare nella sua casa d'infanzia. L'esperienza del ricovero e della malattia è raccontata in Down Below, pubblicato a New York nel 1944. 

Illustra tutto ciò che le è stato fatto: terapie istituzionali spietate, aggressioni sessuali, droghe allucinatorie e le terribili condizioni igieniche. In quelle pagine esplode tutta la mitologia inconscia della sua mente, in un viaggio allucinato in cui l’unica meta era allontanarsi da quell’inferno di dolore e allucinazioni. Molti personaggi si susseguono tra le stanze del manicomio. Si sente l’oppressione e la paura che lei viveva e il suo desiderio di vincerle per liberarsi. Tutti gli animali mitici nella sua mente si manifestano chiaramente e l’accompagnano nelle lunghe giornate in cui, sedata e legata nuda al letto tra i suoi escrementi, combatte contro la confusione che le causavano i potenti antidepressivi che le somministravano. È chiaro che questa confusione iniziò molto prima del ricovero e che le persone che la circondavano non furono capaci di aiutarla o capirla. La malnutrizione, l’alcool, l’abbandono di Max Ernst, la guerra, tutto insieme giocano un ruolo determinante sulla psiche di questa indomita ventenne. Il ruolo del padre in questo ricovero coatto non è chiaro; quello che è chiaro è il suo desiderio di combattere nella sua mente l’influenza funesta che la sua figura esercitava su di lei e sulla sua vita.
A Lisbona incontra il diplomatico messicano Renato Leduc, grande amico di Picasso, che aveva già conosciuto a Parigi, il quale si offre di condurla in America, a condizione che lei lo sposi, in modo che le fosse concessa l'immunità data alla moglie di un diplomatico. Nella primavera del 1941 Max, uscito di prigione, incontra Leonora in un mercato di Lisbona e la prega di lasciare Renato e di seguirlo a New York ma la loro relazione era ormai finita. Nel 1942, l'artista pubblica racconti in alcune riviste surrealiste, ed espone le sue opere in diversi musei di New York. Qui il suo rapporto con Peggy Guggenheim si fa positivo e lei non manca di sottolineare la sua ammirazione verso una donna intelligente e generosa. Sapeva che Ernst non l'aaveva sposata per amore ma per interresse, e sentiva che nel suo lavoro era stata spesso diffamata. Lei però sapeva quanto fosse nobile e corretta.

Messico

Nell'estate del 1942 Leonora lascia New York per trasferirsi con Leduc a Città del Messico. Come lei, altri surrealisti si trasferiscono in Messico. Fra questi, Benjamin Péret con la moglie Remedios Varo, che diventa sua amica intima. Carrington continua il suo lavoro artistico concentrato sulla libertà psichica e capisce che tale libertà non può essere raggiunta fino a quando non fosse raggiunta anche la libertà politica. Attraverso queste convinzioni, Carrington comprende che "una maggiore cooperazione e condivisione della conoscenza tra donne politicamente attive in Messico e in Nord America" è importante per l'emancipazione. Inizia così a sviluppare una coscienza politica di libertà della donna mettendo in discussione la società che la circondava ed opprimeva. Voleva essere indipendente come donna e come artista surrealista. Diventare madre rappresenta una tappa fondamentale per la sua evoluzione di donna, la mette in contatto con quella parte profonda e biologica del suo essere. Quando i bambini sono arrivati, si è ribellata a qualsiasi idea secondo la quale la maternità le richiedesse di rallentare il ritmo di lavoro; ha prodotto i suoi migliori lavori nel mezzo del caos domestico, dipingendo "con un bambino in una mano e un pennello nell'altra".
E poi, senza alcuna traccia di rimorso, si ribellò alla formula che l'avrebbe aiutata a diventare un'artista affermata, inimicandosi importanti mecenati e galleristi e rifiutando di concedere interviste o di farsi fotografare per giornali e riviste. A metà della sua vita si ribellò all'idea di una casa stabile o confortevole e intraprese un viaggio peripatetico attraverso gli Stati Uniti da sola.

Diceva: "Le donne devono riappropriarsi dei loro diritti, inclusi quei poteri misteriosi che da sempre sono stati nostri e che nel corso del tempo gli uomini hanno violato, rubato o distrutto".

La sua arte non doveva essere intellettualizzata ma sentita con il proprio sentimento verso le cose, nel momento in cui si vede un dipinto e nasce un interesse. Sulla tela vuota le creava un mondo visuale, che non può essere letto con le proprie capacità intellettive. Dipinge e scrive per sé stessa, vuole essere la sorgente della propria creatività e non una musa per la creatività altrui. Si concentra sul realismo magico e sull'alchimia e usa dettagli e simbolismi autobiografici come soggetti dei suoi dipinti. È interessata a presentare la sessualità femminile così come la vive, piuttosto che come la immaginano i surrealisti maschi. Il suo lavoro anni '40 è incentrato sul ruolo delle donne nel processo creativo. 

Si ispira ad autori che avevano fatto della riflessione surrealista sul sogno un tema letterario e pittorico, come ad esempio Virgilio, Dante, Shakespeare, Baudelaire, Rimbaud, Freud, Odillon Redon, de Chirico, Magritte e Joan Mirò. La lettura psicoanalitica freudiana del sogno le offre la possibilità di indagare un'altra dimensione, creando immagini libere, svincolate dalla ragione e dalla logica. Nelle sue opere è evidente la componente liberatoria, giocosa e fiabesca tipica del sogno; tuttavia non si interroga né teorizza il lavoro onirico. Dipingendo usa pennelli di piccole dimensioni come Dalì per costruire strati di colore in modo meticoloso, creando immagini ricche di dettagli, ma sempre mantenendosi nell'ambito di figure da sogno senza cadere nell'iperrealismo. Nei quadri della maturità, realizzati in Messico, dominano cieli stellati e spazi indefiniti, dai contorni sfumati, con finestre che sembrano aprirsi sul vuoto.

"Ognuno di noi possiede un'anima animale."

Nelle sue opere la veglia e il sonno di uniscono per comporre immagini ossessive. Continui riferimenti autobiografici si alternano a rimandi alle sue letture. La realtà perde ogni riferimento spazio/temporale e il tempo in cui si svolge l’azione è indeterminato come in una fiaba. Anche le ambientazioni sono oniriche, con scenari gotici e stranianti; figure ibride, animalesche, mostruose, non solo non suscitano orrore, ma si caricano di una forte connotazione erotica. Altro tratto tipico delle sue opere sono atteggiamenti trasgressivi o violenti; immagini di sangue, cadaveri e corpi in decomposizione, il cannibalismo e l'omicidio sono presentati come atti legittimati. Inoltre la tendenza alla messa in scena, tipica dei sogni, si traduce nella riproduzione di costumi e travestimenti, festini e banchetti. Si sentono lontane le influenze esterne di altri grandi artisti come Bosh (scoperto a Madrid poco prima del suo ricovero) ma manipolate ed adattate al suo personale gusto artistico, usate come decodifica di un linguaggio adatto ad esprimere la sua anima. La sua iconografia è completamente originale e personale, autobiografica, in cui è possibile leggere i pensieri, le paure, le esperienze subite da questa brillante artista. Le sue incredibili atmosfere sospese tra il sogno e l'incubo, i paesaggi sconfinati di pianeti sconosciuti e mostri antropomorfi di incredibile eleganza. Nei quadri di Leonora Carrington trovo un’atmosfera onirica, magica e densa come una nebbia impalpabile e notturna.

Al centro della ricerca del “mondo visivo” della Carrington ci sono simboli ricorrenti quali il cavallo, spesso bianco, la iena, l’uovo e l’uccello alchemico. Tutto conduce verso una “Conoscenza” che in un certo senso inizia nel momento che la sua mente si “spezza” in Spagna, si apre come sotto l’influenza di una potente allucinazione e si protrae per il resto della sua vita nella sua pittura. L’alchimia e la magia rivestono un ruolo importante per l’interpretazione di questi simboli. L’uovo rappresenta il microcosmo e il macrocosmo, la linea sottile che divide il Grande dal Piccolo e che rende impossibile vedere il tutto. Un gioco di colori contrastanti come il bianco e nero sottolinea queste divisioni. In molti quadri questi simboli assumono significati diversi ma con un filo comune che li lega. Simboli egizi, greci, alchemici e magici; Giordano Bruno, il cosmo e la visione copernicana, diagrammi ermetici, rituali misteriosi e magici si susseguono creando un'atmosfera sospesa ed irreale. Come i tarocchi, i suoi quadri così ricchi di simbologie sembrano voler stimolare la mente dello spettatore e creare in essa una visione meravigliosa che le permetta di muoversi in questo spazio misterioso e "sentirne" il significato più che capirlo o spiegarlo.

Risultano interessanti le modalità di auto-rappresentazione dell'artista, che spesso si ritrae in forma di manichino, o con una maschera che riproduce le sembianze del suo stesso volto. Tale rappresentazione di sé è come una denuncia del mancato riconoscimento, in ambito artistico, della figura dell'artista-donna, libera di creare. Nel movimento surrealista non c'erano molte donne artiste; esse facevano parte del gruppo solo attraverso le loro relazioni personali con i componenti, e non per il loro talento; venivano accettate come muse e come fonte di ispirazione. Spesso Leonora critica con il rapporto di dipendenza e sottomissione che legava l'artista-donna al movimento surrealista, avendolo vissuto sulla sua pelle ed essendosi liberata dall’influenza di Ernst. Il rappresentarsi come bambola, manichino o corpo inanimato, implica quindi la consapevolezza del ruolo limitante che veniva assegnato alle donne.

Nel 1963, il governo messicano le commissiona un murale per il museo antropologico di Città del Messico, intitolato El mundo magico de los Mayas. Per prepararsi all'opera, la Carrington visita i villaggi del Chiapas, nel Messico meridionale, e intraprende un viaggio attraverso quelle zone desolate spostandosi a cavallo. I nativi non le permisero di scattare fotografie, ma ricorrendo a schizzi e disegni documentò i loro costumi di vita. Il murale è il risultato della rielaborazione di questi schizzi, arricchiti dall'immaginazione dell'artista. Alejandro Jodorowsky dirige la sua commedia Pénélope. Il poeta e mecenate britannico Edward James la prende sotto la sua ala protettrice e le chiede di eseguire degli affreschi per la sua casa surrealista Las Pozas, a Jilitlá (Stato di San Luis Potosí).

Quando morì a novantaquattro anni non era ancora riuscita a riavvicinarsi alla sua famiglia, nonostante fosse tornata qualche volta a Londra, non riuscendo così riconciliarsi con le proprie radici. Il ritorno a casa non le aveva mai offerto perdono, né riconciliazione, né ferite chiuse. La ferita che Leonora aprì il nel 1937 quando partì per Parigi per incontrare Max Ernst era ancora aperta quel giorno del 2011 quando morì.

Libri consigliati

Kurt Seligmann - Lo specchio della magia -

Down Below - Leonora Carrington - 

Leonora Carrington. Una vita surrealista - Moorhead, Joanna - 

Su youtube Adam McLean ha caricato quattro interessantissimi video in cui spiega uno per uno i dipinti più importanti. In lingua inglese. 


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