“Questa operazione, come dicono gli antichi, è davvero conveniente alle donne”
Basil Valentine
La parola Alchimia deriva forse da Chemes, un misterioso maestro, che scrisse il libro intitolato “Chema” a cui in seguito gli arabi aggiunsero l’articolo Al formando la parola Alchimia. I primi adepti a questa disciplina erano veri chimici che si inventarono diverse soluzioni ed accorgimenti tecnici, da poter sfruttare durante i loro esperimenti. La Chiesa era contraria a questa pratica e considerava sacrilega la ricerca dei segreti della natura e l’investigazione del mondo come dottrina o scienza. Nel medioevo questa rivalità tra scienza e fede era fortemente sentita. Il bisogno di nascondersi e di tradurre in allegorie sempre più complesse il loro sapere iniziò a rendere indecifrabili i pochi frammenti rimasti dei loro scritti.
Maria la Giudea, è stata una filosofa ed alchimista, che si ritiene sia vissuta nei territori dell'Impero Romano orientale, ad Alessandria d'Egitto, tra il primo ed il terzo secolo d.C. A lei viene attribuita l'invenzione di diversi apparati chimici ed alchemici e viene considerata la prima alchimista nella storia dell'Occidente a non essere una figura inventata. (Ogni volta che riscalderete un piatto di pasta a bagnomaria pensate a lei :)
I primi alchimisti furono perseguitati come i pagani. Ad Alessandria ci fu l’ennesimo tentativo di distruggere i templi e la biblioteca che ancora conteneva i testi del sapere. Ipazia, filosofa greca, rappresentante della filosofia neo-platonica, venne uccisa da una folla di cristiani in tumulto nel 415. Il suo omicidio servì a dare un avvertimento ai pagani che occupavano alcuni posti chiave nell'amministrazione della città di Alessandria e che tentavano di mantenere in vita la cultura ellenica. La sua morte segnò la fine della cultura pagana in Egitto. I filosofi perseguitati trovarono rifugio ad Atene. Se la cultura pagana sparì, l’alchimia sopravvisse anche se nel 529 venne ordinato che ogni libro fosse distrutto pubblicamente. La paura delle persecuzioni portò gli autori a nascondersi sotto il velo di uno pseudonimo.
I primi simboli ripresi dalla Bibbia, l’Albero della Conoscenza e il serpente, divengono simboli di queste indagini. L’oro, nei suoi vari significati, era un tema centrale. Gli Egizi lo estraevano in Nubia, una regione meridionale, e lo lavoravano raffinandolo. Il processo di lavorazione era gelosamente custodito. Queste lavorazioni venivano circondate di mistero ed applicando alla chimica riti magici, si fecero precursori dell’alchimia. Giunti ai Greci, i simboli dei testi egizi erano diventati col tempo illeggibili. Il perfido serpente del Paradiso fu trasformato dagli gnostici nel benefico Ouroboros, che a sua volta venne trasformato in drago dagli alchimisti: il suo corpo fatto di luce ed oscurità assunse un significato speciale.
Gli alchimisti facevano un largo uso di simboli, giustificato come sempre dalla necessità di nascondere la dottrina: le aquile, i dragoni, le lacrime, il latte, luna, sole, matrimonio, monte, risuscitare, spirito, anima e cose simili. Molti simboli attingono al mondo animale, costituendo un folto bestiario di cui fanno parte sia esseri mitici, come la fenice o l'unicorno, sia reali. L'astrologia contribuisce in modo fondamentale ad alimentare il patrimonio del simbolismo ermetico. Il rapporto pianeti = divinità = metalli risale all’antichità. Nell'ambito del simbolismo importanti sono le illustrazioni, che quasi mai hanno valore ornamentale. Costruite come vere e proprie appendici ai testi, utilizzano ogni genere di simboli e nell'insieme si leggono un po' come rebus. Spesso vi sono rappresentati un uomo e una donna che lavorano sia all'interno di un laboratorio o studio, vicino all'Atanor (forno a forma di torre o forno cosmico), per raccogliervi preziosi influssi cosmici.
Ermete era un personaggio leggendario di età pre-classica, venerato come maestro di sapienza e ritenuto l'autore e il fondatore della corrente filosofica nota come ermetismo. I libri ermetici erano considerati dagli alchimisti come l’eredità dei segreti di Hermes dio greco della comunicazione (identificato anche come il dio egizio Thot delle lettere, dei numeri e della geometria) velati in veste allegorica per impedire che la sapienza cadesse in mano profana. Solo i saggi potevano ritrovare il cammino attraverso quel mistico labirinto.
“Questo è vero, senza falsità, e reale: ciò che è sopra e come ciò che è sotto (…) Il Sole è suo Padre, la Luna è sua Madre, il Vento l’ha portato nel suo Grembo, la Terra è la sua Nutrice.”
Nel suo laboratorio l’alchimista studia e prega, si dedica alle arti e alla musica, ma senza frivolezze o a scopo mondano. La musica mette in fuga la tristezza e la malvagità. Tra le tante attività la noia è allontanata e la mente e l’anima vengono nutrite. Sulla sua porta è stampato il motto “Dormendo, veglia”. Il vero alchimista non insegue le ricchezze o gli onori, mira al perfezionamento e al miglioramento dell’uomo. Gli studi dei ricercatori più moderni miravano a sottolineare l’abbandono dell’alchimia come pratica scientifica verso una ricerca spirituale iniziatica, in cui non venivano nobilitati i metalli ma l’uomo stesso.
"L’Uno diventa Due, i Due diventano Tre, e per mezzo del Terzo, il Quarto compie l’Unità.”
L’importanza dell’alchimia per la storia della chimica è ovvia. Ma, la sua importanza per la storia dello spirito è poco conosciuta. L’alchimia forma infatti una sorta di corrente sotterranea di quel cristianesimo che regna alla superficie. Il rapporto tra alchimia e cristianesimo è equivalente a quello fra sogno e coscienza, e come il sogno compensa i conflitti della coscienza, così l’alchimia tende a colmare quelle lacune che la tensione dei contrari presente nel cristianesimo ha lasciato aperte.
Il quadro rappresenta l’universo interiore dell’artista è legato all’introspezione e al sogno: lei stessa descrisse il contenuto come una donna che esce dallo studio dello psicanalista tenendo in mano la testa di suo padre, come è giusto fare dopo una seduta. La testa del padre è rappresentata come un uovo che viene lasciato scivolare in un pozzo, trattenuto solo dalla sua lunga barba. Su una targa sono impresse le iniziali FJA, in riferimento a Freud, Jung e Adler, fondatori della psicologia psicodinamica. Spesso i ritratti dei suoi quadri sono autoritratti, in questo caso il personaggio raffigurato presenta capelli argentati che si dividono in due corna e una fronte ampia. Nell’altra mano tiene un cestino contenente altri oggetti simbolici come un orologio, una chiave, degli occhiali con lenti a forma di luna, piume e capelli, oggetti che spesso compaiono nei suoi quadri. Nel mantello che la cinge compare una maschera come per sottolineare l’aspetto inconscio che rappresenta. La maschera dell’inconscio non è rigida; esso rispecchia il volto che gli viene mostrato, non appena l’inconscio si manifesta, comincia la loro scissione: ogni atto di presa di coscienza è un atto creativo e da questa esperienza psicologica hanno origine i più svariati simboli.

Creación de las Aves, 1957, creazione degli uccelli. La Varo dipingeva spesso immagini di donne, uomini o esseri antropomorfi in spazi ristretti, ottenendo un senso di isolamento. Quasi sempre questi esseri sono occupati in qualche attività riguardante l'arte, la musica o la magia. Le figure sono spesso androgine, a volte sembrano biondi autoritratti, altre rappresentano conoscenti. Altri animali sono spesso presenti, come uccelli di diverse specie, leoni o altri segni dello zodiaco, farfalle e gatti, tantissimi gatti. In quest'opera è chiaro un intento allegorico: un essere antropomorfo, metà uomo metà uccello notturno, è un alchimista che con un magico alambicco a forma di doppio uovo prende la magia dalle stelle per creare i colori primari che serviranno a creare piccoli uccellini. Il canto di cui verranno dotati questi piccoli esseri arriva direttamente da uno strumento musicale posto sul suo cuore, mentre la luce di una stella dona loro la vita. Sul fondo dell’immagine è chiara la simbologia delle due brocche che travasano l'acqua appartenenti alla Temperanza dei Tarocchi. Il liquido che viene travasato tra le due anfore rappresenta la vita, un fluido rianimatore che ricostituisce ciò che si consuma, favorendone il prolungamento della vita. La spiritualità e la pace che pervade questa immagine riappacifica e rasserena.
L'uovo cosmico è un oggetto che ritorna spesso, così come il cerchio magico tracciato sul pavimento. Nel dipinto della Carrington a destra, un pittore traccia linee intorno all'uovo cosmico, corcondato da animali simbolici che lo osservano. L'atmosfera è onirica e le luci morbide e i colori caldi sembrano voler coinvolgere lo spettatore verso l'atto creativo e magico del protagonista del dipinto. Entrambe le pittrici hanno sempre negato un aiuto per l'interpretazione delle loro opere. Le immagini vanno sentite e non capite, quindi servono a farsi ispirare più che a voler insegnare qualcosa.
Nel quadro "The Conjurer" del 1950, in uno spazio cubico definito da linee di costruzione geometriche, un essere indossa una maschera romboidale bianca a sinistra e nera a destra, le sue braccia concordano con i colori della maschera: in lui la luce e l'ombra, la negatività e la positività, morte e vita, convivono nello stesso momento. Alla sua destra un altare con numerosi oggetti, delle uova azzurre posizionate a piramide, sul piano un contenitore trasparente, che ricorda un alambicco alchemico, con all'interno un uccello. Sotto all'altare si trova un animale selvatico. L'alternanza dei colori bianco e nero sembra indicare il gioco degli scacchi. Nel suo modo personale di interpretare le simbologie alchemiche non c'è alcuna indulgenza verso lo spettatore che se i primi dipinti come questi sono molto lineari e con pochi simboli da dover interpretare. Più avanti la sua pittura tenderà a diventare più complessa posizionando all'interno di uno stesso quadro, più momenti di visione, più "episodi" da leggere quasi come un sogno che non ha soluzioni di continuità. Forse l'unico modo per poter dare accenni temporali alle sue opere è la lettura dei suoi simboli personali come il cavalluccio da dondolo che rappresenta sicuramente il suo io giovanile.
L'uccello alchemico o fenice spesso circondata dalle fiamme con ai suoi piedi un nido pieno di cuccioli, gli animali selvatici descritti senza sentimentalismi, i tarocchi, il labirinto, la luna e le stelle, compaiono di frequente. Spesso inserisce simbolismo egiziani, celtici ed ebraici. Nei suoi grafici sembra volersi allontanare dalla pittura in sé cercando di decodificare le sue idee in diagrammi con significati personali, inserendo comunque esseri umani ed animali per completarne il simbolismo. Alcuni dipinti del periodo maturo rappresentano solo diagrammi o sistemi di stelle. Il cerchio, il triangolo, il quadrato vengono usati per sviluppare questi diagrammi. Spesso anche l'albero viene usato per schematizzare dei concetti, soprattutto i collegamenti tra elementi più disparati o categorie di questi. La conoscenza umana nelle sue opere veniva suddivisa e catalogata in schemi.
Bibliografia
Psicologia e alchimia – C. G. Jung
Lo specchio della magia – Kurt Seligmann
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