Artravelling: Pauline Boty e la Pop Art: Donne nell'Arte del Novecento

venerdì 6 gennaio 2023

Pauline Boty e la Pop Art: Donne nell'Arte del Novecento



Pauline Boty è stata una delle protagoniste della pop art britannica. Membro fondatore negli anni '60 ed unico membro femminile riconosciuto. Per anni il suo lavoro è stato dimenticato o considerato dagli accademici di poca rilevanza a livello di qualità, oggi viene rivalutata con mostre e scritti che la reinseriscono giustamente nel periodo storico in cui ha operato. Iniziamo con una breve premessa: la Pop art è un movimento artistico nato nel Regno Unito e sviluppatosi poi negli Stati Uniti tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60. Questo movimento è espressione della società e dell'immaginario collettivo, ed è un'arte rivolta alla massa e non al singolo individuo. Gli artisti si ispiravano ad oggetti della realtà quotidiana, per esempio televisione, frigorifero, poster, lavatrice, automobile, lattine, riviste di giornale, la radio, le fiere dei divertimenti, strade e stazioni di benzina, cibi in particolare hot dog, gelati, torte e infine il denaro… e li raffigurano nelle opere allontanandoli dal loro ambiente naturale e isolandoli. In Inghilterra, negli anni quaranta, i caratteri di questa corrente artistica erano stati anticipati da Eduardo Paolozzi, ma il vero fondatore della Pop art viene considerato l'inglese Richard Hamilton, che nel 1956 realizzò il collage intitolato "Just what is it that make today’s homes so different, so appealing?" considerato il manifesto di questa nuova corrente. L'opera si sofferma sul narcisismo degli abitanti di una casa borghese.
Molto esponenti della Pop Art erano soliti raffigurare la donna e in particolare il corpo femminile, restando sempre sul filo dell'ambiguità tra critica sociale di un mondo eccessivamente commerciale e mera strumentalizzazione. Ne sono un esempio le opere di Tom Wesselmann, Mel Ramos e Allen Jones ("Girl Table"). Alcune opere sono state accolte con forti proteste per la misoginia percepita. La dura reazione del mondo dell'arte, delle femministe e della stampa si è scontrata con il successo presso il grande pubblico. I dipinti e i collage della Boty spesso dimostrano una gioia per la femminilità sicura di sé e la sessualità femminile, espressa grazie alla vivacità e all'immediatezza della Pop Art. Anche le critiche al "mondo maschile" in cui viveva, colpiscono per la schiettezza.

Pauline Veronica Boty è nata a Carshalton, nel Surrey, nel 1938 in una famiglia cattolica. Ultima di quattro figli, aveva tre fratelli e un padre severo che la rese consapevole della sua condizione di donna all'interno della famiglia. Nel 1954 vinse una borsa di studio alla Wimbledon School of Art, che frequentò nonostante la disapprovazione del padre. La madre di Boty, al contrario, supportava la figlia visto che la sua stessa famiglia le aveva negato di frequentare la Slade School of Fine Art.

Boty ha conseguito un Diploma intermedio in litografia (1956) e un Diploma nazionale in Design in vetro colorato (1958). I suoi compagni la chiamavano "The Wimbledon Bardot" per la sua somiglianza con la star del cinema francese Brigitte Bardot. A scuola venne incoraggiata ad esplorare le tecniche del collage come forma di espressione e la pittura di Boty divenne più sperimentale. Il suo lavoro ha mostrato presto un interesse per la cultura popolare, tema classico della Pop Art, in cui le star del cinema come Marilyn Monroe avevano un ruolo centrale. Nel 1957 uno dei suoi pezzi fu esposto alla mostra "Young Contemporaries". Combinando l'immaginario della cultura pop con elementi surrealisti, le sue opere descrivono l'ossessione fantasy per gli eroi della cultura pop, spesso tagliata da un taglio satirico e politico.



Ha frequentato la School of Stained Glass del Royal College of Art negli anni tra il 1958 e 1961. Nonostante il sessismo istituzionalizzato all'interno del college, la Boty era una delle studentesse più talentuose della sua classe e nel 1960 una delle sue opere in vetro colorato fu inclusa nella mostra itinerante "Modern Stained Glass" organizzata dall'Arts Council. Durante questo periodo diventò amica di altri artisti pop emergenti, come David Hockney, Derek Boshier, Peter Phillips e Peter Blake.

Durante gli anni al Royal College of Art, la Boty partecipò ad una serie di attività extrascolastiche. Ha pubblicato le sue poesie in una rivista studentesca alternativa ed è stata coinvolta nella società cinematografica dove ha sviluppato il suo interesse per il cinema "Nouvelle Vague" europeo, movimento cinematografico francese emerso alla fine degli anni '50. I cineasti indipendenti esploravano nuovi approcci al montaggio, allo stile visivo e alla narrativa, il coinvolgimento con gli sconvolgimenti sociali e politici dell'epoca, spesso facendo uso dell'ironia e esplorando temi esistenziali.

"Spirito libero, arriva sulla terra e ha i mezzi, il talento e il genio per prendere tutte le nostre tragedie e farle volare nello spazio, dove si dissolvono nel nulla ogni volta che un osservatore presta attenzione alla forza vitale diei suoi quadri."

Boty era al massimo della sua produttività due anni dopo essersi diplomata al college. Aveva sviluppato uno stile e un'iconografia Pop distintivi. La sua prima mostra collettiva, "Blake, Boty, Porter, Reeve" si tenne nel novembre 1961 all'AIA Gallery di Londra e fu celebrata come una delle prime mostre di pop art britannica. La primavera successiva la Boty, Peter Blake, Derek Boshier e Peter Phillips apparvero nel film documentario della BBC Monitor di Ken Russell Pop Goes the Easel, che andò in onda il 22 marzo 1962. Questa partecipazione, grazie anche al suo fascino e bellezza, le permettono di lavorare nel mondo del cinema e della televisione. Purtroppo questo impiego rubava tempo e a quella che pensava fosse la sua vera e principale occupazione, la pittura. La stampa popolare, facendo riferimento al suo aspetto fisico, sminuiva il suo lavoro d'artista.


La sua posizione come artista Pop femminile della Gran Bretagna aveva dato alla Boty la possibilità di correggere il sessismo nella sua vita e nella sua arte. I suoi primi dipinti erano sensuali ed erotici, celebrando la sessualità femminile dal punto di vista di una donna, con immagini forti e colori saturi. Le sue tele erano ambientate su sfondi vivaci e colorati e spesso includevano primi piani di fiori rossi, simbolici del sesso femminile. Dipingeva i suoi idoli maschili - Elvis, l'attore Jean-Paul Belmondo, lo scrittore Derek Marlowe, così come aveva fatto con le attrici Monica Vitti e Marilyn Monroe.

Nel giugno 1963 sposò l'agente letterario Clive Goodwin (1932–1978). Il suo matrimonio aveva deluso altri pretendenti come Peter Blake e il suo amante, il regista televisivo Philip Saville. L'appartamento di Cromwell Road di Boty e Goodwin divenne un punto di ritrovo centrale per molti artisti, musicisti e scrittori, tra cui Bob Dylan, David Hockney, Peter Blake, Michael White, Kenneth Tynan, Troy Kennedy Martin, John McGrath, Dennis Potter e Roger McGough. Questa cerchi di artisti aveva stimolato e incoraggiato la Boty a includere contenuti politici contemporanei nei suoi dipinti, come riflessione della società che la circondava.



I suoi dipinti divennero ben presto apertamente critici. "Countdown to Violence" descrive una serie di eventi, tra cui la rivolta di Birmingham del 1963, l'assassinio di John F. Kennedy, la guerra del Vietnam e la rivoluzione cubana. Il dipinto collage "It's a Man's World I" (1964) mostra immagini di icone patriarcali come i The Beatles, Albert Einstein, Lenin, Muhammad Ali e Marcel Proust. Successivamente, tra il 1965 e il 1966 aveva reinserito nudi femminili artistici e immagini pornografiche soft-core per indicare "l'erotismo femminile liberato". Il suo ultimo dipinto conosciuto "BUM" le era stato commissionato da Kenneth Tynan per "Oh, Calcutta!" ed è stato completato nel 1966.

Pauline Boty ha dipinto soggetti Pop con gioia, con un tocco di sessualità femminile e piacere. Ha affrontato l'attualità e argomenti politici nel suo lavoro con grande maturità espressiva, rivelando l'ipocrisia della società e del governo conservatore. Nei suoi ritratti monocromatici, utilizzando fotografie di stampa, illustravano i protagonisti maschili come Rudolph Fenton e Lucky Gordon, due uomini di colore testimoni chiave dello "scandalo Profumo". Questi ritratti vengono collocati accanto ai più celebri, e bianchi, Stephen Ward e John Profumo. La Boty cercava di sottolineare le dinamiche delle leggi razziali e di genere in questo dipinto, in una società in cui i neri e le donne erano spesso solo pedine o giocattoli.





Nel giugno 1965 Boty rimase incinta. Durante un esame prenatale le diagnosticarono un tumore maligno. Rifiutò di abortire e di ricevere un trattamento chemioterapico che avrebbe potuto danneggiare il figlio. Per tutto il periodo della sua malattià continuò lavorare, producendo numerose opere e ad intrattenere la sua cerchia di amicizie. Sua figlia, Katy (in seguito Boty) Goodwin, nacque il 12 febbraio 1966. Pauline Boty morì al Royal Marsden Hospital il 1° luglio dello stesso anno. Aveva 28 anni. Sua figlia, Boty Goodwin, morì di overdose il 12 novembre 1995 all'età di 29 anni. Dopo la sua morte, i suoi dipinti furono conservati da uno dei suoi fratelli e lei fu dimenticata per quasi 30 anni. Il suo lavoro venne riscoperto negli anni '90, grazie a diverse mostre collettive e un'importante retrospettiva personale. Mellor e la Tate Moderm, negli anni successivi, riportano alla luce, catalogano e propongono in mostre e pubblicazioni le opere di Pauline Boty, fino a restituirle il posto che merita nella storia dell’Arte moderna.

Pauline Boty ha dipinto soggetti Pop con gioia, con un tocco di sessualità femminile e piacere. Ha affrontato l'attualità e argomenti politici nel suo lavoro con grande maturità espressiva, rivelando l'ipocrisia della società e del governo conservatore. Nei suoi ritratti monocromatici, utilizzando fotografie di stampa, illustravano i protagonisti maschili come Rudolph Fenton e Lucky Gordon, due uomini di colore testimoni chiave dello "scandalo Profumo". Questi ritratti vengono collocati accanto ai più celebri, e bianchi, Stephen Ward e John Profumo. La Boty cercava di sottolineare le dinamiche delle leggi razziali e di genere in questo dipinto, in una società in cui i neri e le donne erano spesso solo pedine o giocattoli.

Letture per approfondire:

Pauline Boty: Pop Artist and Woman (2013), di Sue Tate
Pauline Boty: The Only Blonde in the World (1998), di Sue Watling e David Alan Mellor
l’intervista a Pauline Boty di Nell Dunn sul numero di Vogue del settembre 1964
Talking to Women (1965), Nell Dunn
Nothing But..., di Christine Keeler e Sandy Fawkes (1983)
Secrets and Lies, di Christine Keeler e Douglas Thompson (2012)
Autunno, di Ali Smith

Fonti

https://www.thecollector.com/who-was-pauline-boty-british-pop-artist/
https://www.tate.org.uk
https://awarewomenartists.com/en/artiste/pauline-boty/
https://www.sothebys.com
https://www.christies.com
https://en.wikipedia.org/wiki/Pauline_Boty  
 





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