Artravelling: Donne nell'Arte del Novecento: il Confronto

martedì 8 dicembre 2020

Donne nell'Arte del Novecento: il Confronto

Un confronto per tirare le somme sui due post precedenti, che hanno riguardato due artiste surrealiste di grande rilievo, Leonora Carrington e Dorothea Tanning, e di come hanno molti punti in comune. Le opere che mostrerò dimostreranno le differenze tra questi artisti e di quanto ognuno ha apportato un suo stile personale al mondo dell'arte. Il soggetto trattato sono le “Tentazione di Sant'Antonio”, un tema perfetto per surrealisti che viene definito "un grandioso esempio di psicologia cristiana, in cui le intemperanze umane vengono descritte sotto forma di demoni richiamati dall'abisso dell'inconscio, una sorta di Freud ante litteram con la potenza di Dostoevskij" (Louis Goosen). Con una rapida ricerca ho costatato che praticamente tutti i pittori più conosciuti si sono cimentati su questa iconografia; alcune opere medioevali sono notevoli mentre è chiaro che dal XV sec. è diventato uno dei tanti soggetti perfetti per sdoganare il nudo femminile. Io apprezzo il pesonaggio come protettore degli animali e perchè gira con un simpatico maialino :D

Nel 1946 la società di produzione cinematografica David L. Loew-Albert Lewin organizzò un concorso per un dipinto sul tema della “Tentazione di Sant'Antonio”; il vincitore avrebbe mostrato nel film “Gli affari privati di Bel Ami” la propria opera, come grande occasione pubblicitaria. Inoltre in cambio di una tassa di iscrizione di 500$, il vincitore avrebbe incassato 3000$, un ottimo premio per l’epoca.  Vari artisti hanno prodotto dipinti su questo argomento ma il concorso è stato vinto da Max Ernst, il cui lavoro è stato debitamente mostrato nel film. Tuttavia la versione perdente di Salvador Dalí ottenne un maggior riscontro di pubblico e una fama che dura ancora oggi. Un critico del New York Time definì il quadro di Ernst "Semplicemente nauseabondo" e ancora "sembra una brutta aragosta bollita!" Se il fine era disgustare gli spetatori, l'obiettivo è stato raggiunto. I giudici furono Marcel Ducamp, il direttore di allora del MoMa, e un famoso proprietario di galleria d’arte. I requisiti per l’opera erano quelli di mostrare tutte le tentazioni a cui fu sottoposto Sant'Antonio nella maniera più teatrale, perché gli organizzatori volevano che il pubblico rimanesse impressionato come quando anni prima avevano mostrato un allucinato ritratto di Dorian Gray. 

La tentazione di sant'Antonio è un argomento spesso ripetuto nella storia dell'arte e della letteratura, riguardante la tentazione soprannaturale, secondo quanto riferito, affrontata durante il suo soggiorno nel deserto egiziano. La tentazione di Antonio è citata per la prima volta da Atanasio d'Alessandria, contemporaneo di Antonio, e da allora è diventato un tema popolare nella cultura occidentale.
Il soggetto medioevale comune, incluso nella Leggenda aurea e in altre fonti, mostra Sant'Antonio tentato o assalito nel deserto da demoni, alle cui tentazioni resistette. Ma ci sono almeno due diversi episodi derivanti dalla vita di Sant'Antonio di Atanasio e versioni successive della vita che possono essere rappresentate, sebbene tutti di solito abbiano questo nome. La più comune è la tentazione da parte di donne seducenti e altre forme demoniache, mentre l’altra mostra un episodio successivo in cui Sant'Antonio, volando via dal deserto sorretto da angeli, cadde in un'imboscata e attaccato a metà aria dai diavoli. I pittori più conosciuti a cui si ispirarono nella realizzazione sono certamente Hieronymus Bosch (ca. 1505) and Mathias Grünewald (1512-1516).
A questa competizione parteciparono nomi illustri del panorama surrealista dell’epoca come Eugene Berman, Leonora Carrington, Salvador Dalì, Paul Delvaux, Max Ernst, Louis Guglielmi, Horace Pippin, Abraham Rattener, Stanley Spencer, Dorothea Tanning. Ognuno utilizzò una tecnica personale, dall’olio alla china e con risultati sostanzialmente diversi. In particolare vorrei prendere in considerazione le opere di Leonora Carrington e Dorothea Tanning perché trattando lo stesso tema mostrano con chiarezza la differenza di concezione visiva del loro modo di sviluppare un’opera surrealista.
 

Per la competizione la Carrington tradusse in immagini la novella di Gustave Flaubert "Le tentazioni di sant’Antonio" appunto, un soggetto spesso ripreso nell'arte medievale e moderna. È la storia dell'eremita di Tebe, Antonio Abate che viene tentato nel deserto egizio in diversi modi: il diavolo gli fa comparire diversi personaggi famosi come Re Nabucodonosor o La regina di Saba che lo tenta con le sue ricchezze, cercando di evocare la lussuria. La lussuria appare come una giovane donna mentre la Morte come una vecchia, che cercano di convincerlo a cedere ai suoi desideri o suicidarsi.
Nella novella viene inserito un discepolo, Ilarione, che gli presenta gli dèi, i riti, le preghiere e gli oracoli, sottolineando le contraddizioni nelle Sacre Scritture. Il demonio Lucifero, sotto il nome di Scienze, gli svela allora i segreti dell'Universo, per farlo definitivamente desistere dal suo ascetismo, ma Antonio nel disco del sole che sorge vede risplendere il volto di Cristo. Quest'opera voleva essere per Flaubert quello che "Caino" aveva rappresentato per Byron o il "Faust" per Goethe.
La struttura del quadro è complessa e ricca di personaggi; la principale fonte di ispirazione iconografica è il dipinto omonimo di Bosch, un olio su tavola databile intorno al 1500, in cui il santo viene raffigurato ritirato nella sua grotta ricavata da un albero secco, a fianco di un fiume in cui compaiono le figure che cercano di irretirlo. Il santo non sembra infastidito dai demoni che lo circondano (molto comici e goffi) e continua tranquillo le sue preghiere insieme al suo inseparabile maialino. Lo sfondo è composto da una serie di "piani" di paesaggio, dai toni verdi e giallognoli, con soavi azzurri verso l'orizzonte, dove oltre le cime degli alberi spuntano le punte di torri.
La simbologia da cui attinge la Carrington è molto vasta e si capisce che si è informata da diverse fonti, riuscendo anche ad inserire riferimenti a suoi caratteri autobiografici. Rispetto agli altri artisti coinvolti nella competizione preferisce mostrare Antonio come un uomo distaccato sicuro della propria fede, il cui manto bianco anche se trappato non si macchia di peccato. Nel quadro da lei dipinto, Antonio con tre teste e alla richiesta di spiegazioni rispose "Perché no!"



A prima vista, il quadro della Tanning, rispetto a quello della Carrington, può sembrare più classico e palese nel significato. Niente simbologie criptiche o immagini che hanno riferimenti alchemici o magici. Sant’Antonio è rappresentato come un uomo sconvolto dalla paura. Un demone mostruoso gli morde un braccio mentre un altro assiste alla scena comodamente seduto di fronte a lui. A sinistra una figura femminile nera si avvicina illuminata da un riflesso sinistro. Dinnanzi a lei la testa di un demone trasforma attraverso la sua bocca il saio del santo in una gettata di corpi deformati. Questi corpi, che affiorano attraverso le pieghe del tessuto che sembrano voler avvolgere il povero Antonio per non lasciargli scampo. Questa rappresentazione a livello tecnico anticipa la trasformazione artistica della Tanning e il suo passaggio a una visione più astratta della figura umana. I colori dei corpi sono cangianti e per i demoni ricordano gli affreschi di Luca Signorelli a Orvieto, in una forte esuberanza decorativa e per enfatizzarne l’effetto drammatico. Sullo sfondo si apre un paesaggio quasi desertico come vuole la tradizione classica. 

Le due artiste ebbero un’altra occasione per confrontarsi con il medesimo soggetto: il ritratto di Max Ernst. Il risultato furono due opere surrealiste molto diverse, sia nei toni che nel “calore” della rappresentazione. L’incontro tra la Carrington e Ernst avvenne quando lei era poco meno che ventenne. Lui rappresentava un padre buono che non aveva mai avuto, una persona veramente interessata alla sua vita e al suo talento. Rappresentava la fuga dalla famiglia verso una nuova vita. Purtroppo essendo molto giovane e con un carattere ancora poco formato probabilmente il rapporto si è evoluto in una forte dipendenza. Il crollo emotivo che l’ha segnata dopo la separazione da Ernst e le terribili circostanze della sua fuga dalla guerra l’hanno portata a vivere la terribile esperienza del manicomio. Quando ne è uscita ha ammesso che il loro legame emotivo era finalmente superato, che le sue parole non avevano più alcuna influenza su di lei e che l’incantesimo era finalmente spezzato. Il quadro mostra questa situazione. Il suo cavallo è paralizzato nel ghiaccio ed Ernst è rappresentato con una strana pelliccia dalla coda biforcuta e calzini da pagliaccio.


“Max in a Blue Boat” 1947. Per la Tanning invece il quadro è la rappresentazione di un’unione riuscita. Immersi nello spirito del surrealismo navigano insieme. Il loro rapporto, costruito sulle ceneri del precedente matrimonio di Ernst con la Guggenheim, si costruisce in quella landa desolata e meravigliosa che è il deserto di Sedona. Costruirono con le proprie mani una casa, la svilupparono negli anni ma mantenendo uno stato di frugalità. Qui regnava una forte energia creativa da cui entrambi attingevano per realizzare le proprie opere. La Tanning disse più volte che lei e Ernst non parlavano di arte e la sua indipendenza creativa è sottolineata dell’evolversi del suo stile. I due vissero insieme fino alla morte di Ernst nel 1976 a Parigi. L'anno seguente fu un anno incredibilmente produttivo per lei: "Grief begets hallucination". Questa creatività non si fermò al solo ambito pittorico e iniziò a scrivere poesie e romanzi.

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