Artravelling: Niki de Saint Phalle: Donne nell'Arte del Novecento

martedì 9 febbraio 2021

Niki de Saint Phalle: Donne nell'Arte del Novecento

Rimanere affascinati dall’opera di Niki Saint Phalle è molto facile grazie all’immediatezza gioiosa delle sue sculture, delle sue Nanas, che irrompono nello spazio con il loro grande messaggio di vitalità e forza. Il processo creativo che serpeggia lungo tutta la sua vita è caratterizzato da una lunga indagine psicologica da cui Saint Phalle è costretta a passare per potersi liberare del suo passato e poter vivere il proprio presente con serenità. Studiare le sue opere insieme agli avvenimenti della sua vita permettono di capire l’evoluzione del suo pensiero e le sue riflessioni sulla condizione femminile, soprattutto riguardo al valore della sua opera artistica di forte a una società repressiva. 

"En tirant sur moi, je tirais sur la société et ses injustices.
En tirant sur ma propre violence, je tirais sur la violence du temps."


Niki Saint Phalle sin dalla nascita sembrava avere le carte in regola per diventare una ricca ereditiera, annoiata moglie di qualche magnate americano. La famiglia di sua madre proveniva da un’antica e ricca casata aristocratica francese. Il padre era un giovane e rampante banchiere che perse tutto durante la caduta di Wall Street del '29. Nacque in Francia e visse i suoi primi mesi di vita, così come numerose vacanze estive, nel castello dei nonni materni. La madre scoprì i tradimenti del marito durante la gravidanza ed era solita ricordare quanto pianse durante quel periodo. Il nonno amava intrattenere i nipoti raccontando leggende di armi, crociate ed eroismi, come Giovanna d'Arco. La famiglia fu costretta a trasferirsi a New York nel 1937, in un piccolo appartamento di Manhattan. Da adolescente, in una prima dimostrazione del suo ribelle temperamento artistico, dipinge di rosso le foglie di fico delle sculture classiche della sua scuola e viene espulsa. Poco dopo fu costretta a trasferirsi in una nuova scuola. La sua educazione artistica è frammentaria e per lo più autodidatta.

 Di fronte alla società la sua famiglia la trattava in maniera diversa rispetto a suo fratello. Lui aveva la possibilità di studiare nelle migliori scuole ed era destinato ad una carriera importante. Lei invece era destinata a sposarsi, frequentare la chiesa e comportarsi bene: una discreta e non lavoratrice moglie di un facoltoso uomo d'affari. Lei era terrorizzata all’idea di diventare come sua madre, una donna rigidamente cattolica, aristocratica, fredda e calcolatrice. In casa si respirava un’aria di violenza. Sua madre aveva una pessima opinione di lei e questo la faceva soffrire. Anche con gli altri figli si comportava da despota, costringendoli spesso con le maniere forti a piegarsi al suo volere. Ai traumi di questa infanzia spezzata purtroppo entrambi i fratelli non sopravvissero, suicidandosi in età adulta. 

Saint Phalle inizia a lavorare come modella e con fotografie che appaiono in Vogue and Life. A 18 anni scappa con l'amico d'infanzia Harry Mathews, di poco più grande di lui. Nel 1950, Niki inizia a realizzare i suoi primi dipinti mentre suo marito studia musica all'Università di Harvard. Laura, la loro prima figlia, nasce a Boston nel 1951. Nel 1952, si trasferiscono a Parigi. La loro vita procedeva con gli stessi ritmi di sempre senza tenere in considerazione il fatto di avere con sé un bambino. In estate visitano la Spagna dove rimane affascinata dall’arte, dai musei e soprattutto da Antonio Gaudí ed è colpita in particolare dal Park Güell di Barcellona, dove ha l'idea di creare il proprio giardino di sculture e la ispira a utilizzare materiali diversi e oggetti, elementi essenziali nella sua arte. Solo trasferendosi nel sud della Francia le cose cominciano a cambiare. L’aria frizzante della Costa Azzurra ispirava il marito a tradire la moglie. 

La Saint Phalle si rese conto improvvisamente di essersi trasformata in quello che più temeva, una casalinga con l’hobby dell’arte. Questo pensiero ossessivo unito alla scoperta dei frequenti tradimenti del marito le creava un forte stress e crisi di nervi che presto di trasformarono in nevrosi. Iniziò a riempire la casa di armi da taglio, nascondendole ovunque, anche sotto il letto. Venne internata in una casa di cura di Nizza. La sua esperienza si rivelò subito positiva. Anche se venne sottoposta a dieci cicli di elettroshock, si sentiva libera dai doveri familiari poté esprimere il suo potenziale artistico capendo di volercisi dedicare completamente. Anche se i medici erano convinti che per guarire avrebbe impiegato almeno cinque anni, la Saint Phalle venne dimessa in poche settimane. Temeva per la sua sanità mentale per il resto della sua vita, ma vedeva l'esperienza come redentiva: "Il mio esaurimento mentale è stato buono nel lungo periodo, perché ho lasciato la clinica come pittore". Fu in questa occasioni che iniziarono ad affiorare i terribili abusi sessuali subiti da parte di suo padre. 

 Dopo la sua guarigione, Niki e Harry tornano brevemente a Parigi, dove viene incoraggiata da altri artisti a continuare a dipingere nel suo unico stile da autodidatta. Incontrò Jean Tinguely, che divenne suo collaboratore artistico. Ispirata dall'arte di Paul Klee, Henri Matisse, Pablo Picasso e Henri Rousseau. Niki visita il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, dove scopre il lavoro di Jasper Johns, Willem de Kooning, Jackson Pollock e Robert Rauschenberg. Nel 1960 si separò dal marito, lasciandogli l’affidamento dei figli, e si trasferì nello studio di Jean Tinguely a Montparnasse, dove lavora alle sue sculture meccaniche. Qui trovò una comune di artisti che condividevano spazi fatiscenti e molto bohémien. 

La povertà di questi artisti la affascinava, lei così aristocratica ed abituata ad ambienti “alti”: vivere in mezzo a quella fatiscenza la stimolava artisticamente. Niki entra a far parte del gruppo di artisti Nouveau Réalisme, l'unica donna in un gruppo che include Arman, Christo, Yves Klein, Jean Tinguely e Jacques de la Villeglé, tra gli altri. Questo movimento era collegato al New Dada. Contemporaneo della pop art americana, e spesso concepito come la sua trasposizione in Francia, il nuovo realismo è stato, insieme a Fluxus e ad altri gruppi, una delle numerose tendenze dell'avanguardia negli anni '60. Il gruppo inizialmente scelse Nizza, in Costa Azzurra, come base di partenza poiché Klein e Arman sono nati lì; Il nuovo realismo è quindi spesso considerato retrospettivamente dagli storici come uno dei primi rappresentanti del movimento École de Nice. I membri del gruppo nouveaux réalistes tendevano a vedere il mondo come un'immagine da cui potevano prendere parti e incorporarle nelle loro opere, mentre cercavano di avvicinare la vita e l'arte. Nouveau réalistes ha fatto un ampio uso del collage e dell'assemblaggio, utilizzando oggetti reali incorporati direttamente nell'opera e riconoscendo un debito verso i readymade di Marcel Duchamp.

Iniziò a creare opere d'arte in cui oggetti pericolosi e disturbanti come rivoltelle o altri oggetti acuminati come lame, rasoi, coltelli, venivano imprigionati in materiali grezzi o nella pittura. Giocattoli come pelouche a cui vengono tolti gli arti, bambolotti di varie dimensioni con gli occhi chiusi, coperti di pittura o plastica, soldatini e animali giocattolo, tutto riconducibile al suo trauma infantile. 

Saint Phalle e Tinguely erano collaboratori prima di essere amanti, ed è stato l'aspetto della loro relazione che si è rivelato più duraturo. Continua a realizzare assemblaggi con i materiali più disparati, ma con toni più leggeri. Durante una sua mostra in un caffè invita gli spettatori a lanciare freccette verso una sua opera, una sorta di autoritratto con al posto della testa un mirino per freccette. Vide in quest’opera una sorta di rito voodoo verso sé stessa e la sua arte. Da questo concetto inizia a ragionare sull'effetto della sua arte su sé stessa e inizia ad immaginare che le proprie opere possano "sanguinare", in un certo senso "spurgare" all'esterno il proprio significato. Usava un fucile per una performance radicale, una grande opera bianca da cui vedere la pittura scaturire, sanguinare.


 Shootings (Tirs)

"Probabilmente sarei stata in prigione, o ancora in ospedale psichiatrico, se non fosse stato per l'arte mi ha aiutato a far uscire tutti i miei sentimenti molto profondamente aggressivi verso i miei genitori, verso la società."

Nel suo studio inizia a sperimentare con la pittura, racchiudendola in sacchetti di plastica e altri contenitori. Il colore era nascosto sotto gli strati di "intonaco" bianco e iniziava a colare. Durante la performance gli spettatori si spaventavano per il colpo di fucile e poi rimanevano colpiti dal colore vivace che colava da e sull'opera stessa. La pittura era creata dal vivo in quello stesso momento. Era proprio un atto creativo immediato. lo spettatore era impressionato da questa performance per due motivi fondamentali, l'iniziale combinazione di violenza e distruzione e la successiva esilarante creazione dell'opera grazie ai colori vivaci e al risultato di queste mescolanze. Già nel 1961 per la stranezza di questi due fattori, una giovane e bella ragazza che dipinge con un fucile, interessava la televisione parlandone più volte e riprendendola durante una performance. Attraverso queste opere lei sembra aver ritrovato una serenità ricercata sin da quando era bambina. Cerca di uccidere con questo atto i suoi dispiaceri del passato. quando aggiunge oggetti alle sue opere sono particolarmente evocativi: bambole, crocefissi, ritratti di personaggi famosi.

Il suo lavoro rimane comunque ambiguo nei concetti che vuole riferire, tenendo le proprie considerazioni per sé. Il risultato di queste opere è molto suggestivo, spesso angosciante. Il periodo storico era quello della guerra fredda e quella sensazione di impotenza di fronte ai movimenti della politica verso i cittadini, inermi di fronte al progresso tecnologico della guerra la portano a politicizzare i propri contenuti con elementi di rivolta e allarme. In alcune opere include tutti gli elementi della società moderna per riflettere su come sono cambiati e quale impatto hanno sull'uomo: la famiglia, la società, la politica e la religione. Un mondo governato da uomini che lo stanno portando alla rovina. Nel giro di un paio d'anni lei entra a far parte della ristretta cerchia degli artisti d'avanguardia degli di nota. Pochissimo tempo dopo, nel 1963 smette improvvisamente di esibirsi in queste performance e di sparare alle sue opere, pensando che fosse stato sufficiente per passare il suo messaggio e per non rimanere imprigionata in questa ritualità artistica. Questo tipo di arte non l'aveva resa ricca ma le aveva dato la possibilità di fare tabula rasa del suo passato, quasi una catarsi, e di poter rivolgere lo sguardo verso un tipo di arte diversa. 

Continua con le composizioni di figure composte da oggetti di riciclo, soprattutto bambole rappresentanti bambini, soldatini e animali, da cui ricava enormi figure femminili. Quest'opera racchiude una brutale rappresentazione della maternità, un'enorme figura femminile nuda e grezza che emergeva dal fondo, e dalla sua superficie, dalla sua pelle, emergevano altrettante inquietanti figure. Per tanti spettatori questa rappresentazione era troppo violenta. In quel periodo troppi taboo, troppe cose non dette, opprimevano le persone e la loro vita nella società. Lei cercava di rivelare alcune cose non dette. Queste donne si trasformano presto in enormi spose, simbolo del desiderio di rigettare le regole del patriarcato. Voleva provocare, esprimere un'opinione fuori dal coro di quelli che procedevano a testa bassa in una società troppo strutturata ed oppressiva per le donne.

Nanas

Niki e Tinguely si trasferirono in una vecchia locanda di campagna fuori Parigi alla fine del 1963. In quello stesso periodo una sua cara amica e sua sorella erano incinta e in Niki iniziava a formarsi l'idea per le Nanas. Jean Tinguely rimane lontano per alcune settimane, per una mostra a San Paolo, e al suo ritorno trova lo studio invaso da gigantesche donne colorate. Le Nanas non erano solo gioiose ma anche terribili nella loro fisicità imperiosa. È come una forma di fertilità che cerca di conquistare il mondo con una forza dirompente. Rappresentano una donna moderna, che si muove nello spazio, che occupa questo spazio con la propria fisicità ed energia, in un periodo in cui realisticamente le donne da sole potevano far poco. Negli anni ’60 infatti, senza l'autorizzazione del marito o della famiglia, le donne non potevano lavorare o avere denaro personale, aprire un conto corrente o intraprendere un’attività in proprio. 

Le sue donne giganti erano forme semplici dai colori vibranti, voluttuose e piene di vita, icone di gioia e libertà. Emergevano direttamente dall’inconscio di un’artista in rivolta, una donna tormentata, una guerriera femminista che persegue i suoi ideali. Le Nanas sono nere, gialle e rosa, sono multietniche per riflettere il mondo. Man mano che la serie si sviluppava in opere monumentali più grandi, Saint Phalle utilizzava plastica composita in poliestere rinforzato con fibra di vetro (nota anche come FRP o GRP) decorata con più colori acrilici o poliestere dalle tinte vivaci. Per altre sculture preferiva la schiuma di poliuretano rinforzata da una struttura a rete metallica. Purtroppo utilizzò inconsapevolmente processi di fabbricazione e verniciatura pericolosi che rilasciavano fibre di vetro e sostanze chimiche come la resina epossidica e solventi tossici.

Le Nanas hanno immediato successo per i colori vibranti e le posizioni divertenti. Pian piano invasero musei e spazi aperti, conquistando anche piazze in cui di solito venivano esposte immagini di uomini potenti. Ispirata dal mondo infantile, senza un particolare studio artistico, inizia a creare, attraverso la propria immaginazione, un proprio mondo distintivo, dove donne danzano circondate da mostri, ombre e serpenti. Questo mondo è molto più oscuro di quanto inizialmente i colori e le forme mostrano.

Nel 1966, Saint Phalle ha collaborato con Jean Tinguely su un'installazione temporanea di sculture da interni, "She-a-Cathedral", in una grande galleria temporanea nel Moderna Museet , a Stoccolma, Svezia. Un team di 8 persone ha lavorato strenuamente per 40 giorni, prima costruendo un telaio usando tondini di metallo, coprendolo con filo di ferro, rivestendolo con tessuto attaccato con colla animale. La struttura finale era lunga 25 m e larga 9,1 m, con un peso di circa 6.000 kg. La forma esterna era una gigantesca scultura reclinabile di una donna incinta (una Nana), al cui interno si poteva entrare attraverso l’apertura vaginale delle dimensioni di una porta tra le sue gambe. L’intera struttura fu dipinta con colori vivaci. Su una delle cosce spiccava il motto “Si vergogni chi pensa male!”. La tentacolare Nana conteneva un telefono a gettoni, un divano divanetto, un museo di dipinti falsi, un distributore automatico di sandwich, un'installazione artistica e uno scivolo per bambini. Il pubblico dopo un iniziale scetticismo si affollò per visitare l’insolita installazione. L’istallazione venne distrutta alla fine della mostra, ma ne venne conservata la testa per un’esposizione permanente. 

Saint Phalle iniziò a lavorare con la resina poliestere, un materiale che poteva essere modellato facilmente ma si sarebbe trasformato in una superficie dura, liscia e resistente agli agenti atmosferici. Questa nuova tecnologia le ha permesso di costruire figure grandi e fantastiche da esporre all'aperto in spazi pubblici e parchi. Il suo sogno di realizzare un parco come quello di Gaudì a Barcellona si stava concretizzando. Iniziò a commercializzare le sue Nanas trasformandoli in oggetti vendibili al dettaglio, dai materassini per il mare ai gioielli. Immediatamente il mondo patinato dell’arte la criticò per l’eccessiva commercializzazione della sua opera, ma il suo intento era raccogliere fondi per un progetto più grande.

Il Giardino dei Tarocchi

La prima ispirazione per la realizzazione del Il Giardino dei Tarocchi fu certamente il Parc Guell di Barcellona, grazie alla sua decorazione meravigliosa, ma non va dimenticato che la seconda ispirazione fu Il parco dei Mostri di Bomarzo, in provincia di Viterbo. Il Parco dei Mostri, denominato anche Sacro Bosco o Villa delle Meraviglie, è un complesso monumentale italiano, un parco naturale ornato da numerose sculture in basalto risalenti al XVI secolo e ritraenti animali mitologici, divinità e mostri. La Saint Phalle era molto determinata e appassionata. Lasciò la sua casa per trasferirsi in Italia, in Toscana, dove le venne dato un terreno su cui realizzare il suo giardino esoterico. Il suo lavoro oramai era l'amore della sua vita e per finanziarsi continuò a produrre oggettistica con il suo stile inconfondibile: un profumo che divenne presto richiestissimo e finanziò da solo parte dell’opera, ma anche statuette ornamentali, prodotti per la casa e libri, il tutto per restare economicamente indipendente come fece proprio Gaudi. Voleva essere libera di creare quello che voleva senza che altri potessero interferire o cambiare il suo progetto.

Il suo progetto era una grandiosa rappresentazione della vita e della morte, del dolore e della gioia, del colore e del bianco e nero. Un’opera incredibilmente personale e creativa in cui lei dipinse personalmente le sue gioie e i suoi dolori. L'uomo era spesso rappresentato come colui che è stato in grado di creare sia un’importante conoscenza e ricchezza espressiva ma anche una società violenta e repressiva. È l'opera della sua vita, un giardino spirituale in cui esprimere sé stessa, un enorme e vivo autoritratto, creato per portare gioia ad un pubblico di bambini ed adulti. Le figure femminile che popolano il Giardino sono simboliche e significative: la Papessa simboleggia la donna, la sacerdotessa, la dea detentrice di tutti i segreti del mondo; l’Imperatrice, una sfinge con capelli blu a specchio e una corona rosso vivo dentro la quale la stessa artista aveva abitato durante i lunghi periodi di lavoro, rappresenta la Grande Madre che da rifugio nelle proprie mammelle; il diavolo sta in mezzo ad alcuni arbusti, un ermafrodito dalle ali arcobaleno con un viso dolce, fianchi femminili e tre peni d'oro.

Al centro di queste strutture era cresciuto un enorme albero di serpenti, metà a colori e metà in bianco e nero, la gioia e il dolore. Da un lato di questa opera la Saint Phalle dipinse sulle piastrelle la storia d’amore che ebbe con Jean Tinguely, la sua felicità, mentre dall’altro lato i mostri del suo passato, la sua angoscia. Il risultato fu un enorme e meraviglioso autoritratto immerso nella natura toscana. Parco artistico esoterico viene aperto al pubblico nel 1998 dopo quasi venti anni dall’inizio dei lavori autofinanziati quasi dall’artista, ed espone infine ventidue opere ciclopiche in acciaio e cemento, decorate interamente a mosaico con specchi, vetri e ceramica e dedicate ai simboli dei tarocchi.



Successivamente si dedicò instancabilmente e per molti anni alla difesa delle minoranze culturali e all'integrazione delle popolazioni nere nella società americana. Un anno prima della sua morte nel 2002, ha donato molte importanti opere al MAMAC di Nizza, dove aveva trascorso quasi un anno nel 1953, un gesto che ha dimostrato la sua generosità e il suo impegno per gli altri. 

Niki de Saint Phalle muore nel 2002 dopo una lunga malattia respiratoria causata dall’eccesso di sostanze chimiche respirate negli ultimi anni. Musei e istituzioni internazionali le dedicarono retrospettive e grani mostre.

Je veux créer, créer l'istant présent, créer de la beauté, quelque chose.
Quelque chose qui vous ressemble, qui est dans l'istant, qui fait penser aux bombes,
à une énorme explosion, à la fin du monde! Bang!

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