Artravelling: Yayoi Kusama: Donne nell'Arte del Novecento

giovedì 2 ottobre 2025

Yayoi Kusama: Donne nell'Arte del Novecento




Yayoi Kusama è un'artista giapponese, nata il 22 marzo 1929 a Matsumoto, nella prefettura di Nagano. La sua arte è subito distinguibile dalla presenza di colori vivaci e dall'uso di pois, ripetuti quasi in maniera ossessiva nella maggior parte delle sue opere. Ha vissuto principalmente a New York tra il 1958 e il 1972. Sono stati creati in questo periodo le sue opere d'arte principali, le sue Performance e i suoi Happening più noti sono stati creati durante questo periodo. È una delle più importanti rappresentanti della Soft Sculture (un tipo di scultura o forma tridimensionale che incorpora materiali come stoffa, pelliccia, gommapiuma, plastica, carta, fibra o materiali simili morbidi e non rigidi). Il 27 settembre 2017 l'artista ha aperto il suo museo a Tokyo. 

Il suo lavoro si basa sull'arte concettuale e mostra alcuni attributi del femminismo, del minimalismo, del surrealismo, dell'art brut, della pop art e dell'espressionismo astratto, ed è intriso di contenuti autobiografici, psicologici e sessuali. È stata riconosciuta come una delle più importanti artiste viventi del Giappone, l'artista femminile più venduta al mondo, e l'artista vivente di maggior successo al mondo. Nel 1991, Kusama ha recitato nel film Tokyo Decadence, scritto e diretto da Ryū Murakami, e nel 1993 ha collaborato con il musicista britannico Peter Gabriel in un'installazione a Yokohama. La lotta della Kusama con le allucinazioni, legate alla sua malattia mentale, ha influenzato tutto il suo stile artistico.


Appartenente a una famiglia contadina benestante, è la più giovane di quattro fratelli, e ha svolto i suoi primi studi nella sua città natale. Aveva mostrato un interesse per l'arte già in tenera età e dipingeva e disegnava dall'età di dieci anni. Ricorda l'artista che il suo approccio con l'arte era iniziato quando in tenera età iniziò ad essere soggetta ad allucinazioni visive. Racconta: "Un giorno, dopo aver visto la tovaglia con il motivo del fiore rosso sul tavolo, ho guardato il soffitto. Lì, dappertutto, sulla superficie si estendevano le forme dei fiori rossi. Tutta la stanza, tutto il mio corpo, tutto l'universo ne era pieno." Queste macchie, questi pois, saranno onnipresenti nelle sue opere da quel momento in poi. 



link

La Kusama espose per la prima volta le sue opere all'età di 16 anni vincendo il concorso per la Mostra Regionale delle Arti Zen-Shinshu nel 1945 e nel 1946. La ragazza ha proseguito i suoi studi a Kyoto presso la scuola secondaria superiore Hiyoshigaoka e ha studiato giapponese tradizionale (Nihonga) e pittura moderna. La sua famiglia si oppose sin da subito a questa sua propensione artistica, soprattutto la madre, che non vedeva di buon occhio questa professione, praticamente preclusa alle donne dell'epoca, e rendendo il loro rapporto conflittuale. Proprio questo conflitto aveva spinto la ragazza a raggiungere presto un'indipendenza e una forza di carattere per opporsi alla famiglia e perseguire le proprie aspirazione in libertà. La tossicità e le critiche continue a cui era sottoposta in gioventù la portarono così a sviluppare una forte ansia e un senso di pressione mentale che le rimandava un'immagine cupa e preoccupate del proprio futuro.



link

Anche nel seguire i suoi studi artistici trovò non poche difficoltà a poter sviluppare la propria personalità, costretta a una innaturale subordinazione e a un costrittivo rapporto allievo/maestro tipico della società giapponese, in cui l'imposizione di regole troppo ferree della pittura tradizionale soffocavano la sua naturale creatività. Unica possibilità di liberarsi le viene data dallo studio dell'arte occidentale, che le permise di ampliare la sua visione e a sperimentare nuove tecniche, impegnandola in un studio da autodidatta. 

Nel marzo 1952, la Kusama tiene la sua prima mostra personale a Matsumoto. Coronato dal successo, l'artista ha l'opportunità pochi mesi dopo di presentare diverse altre mostre personali a Tokyo e in altre importanti città del Giappone. Ciascuna delle mostre contiene un numero considerevole di opere (più di 250). Nonostante questa improvvisa notorietà in Giappone, decide di lasciare il suo paese nativo per trasferirsi negli Stati Uniti, che nel dopoguerra erano considerate il centro delle avanguardie artistiche.

link

Nel 1957 conosce Georgia O'Keeffe, che l'aiuta a muovere i primi passi in America. Inizia così il difficile periodo Newyorkese, dovuto soprattutto alla mancanza immediata di adeguati mezzi di sostentamento, così  i suoi magri risparmi non le permisero di mangiare o di avere una casa decente mentre acquistava le forniture artistiche di cui aveva bisogno. Dopo i suoi Infinity Net Paintings alla Galleria Brata nel 1959, espone foto, collage, installazioni, con Joseph Cornell, Jasper Johns, Yves Klein, Piero Manzoni, Claes Oldenburg e Andy Warhol. 

L'artista partecipa ai movimenti della Psichedelia e della Pop Art. A New York vede le opere di contemporanei come Donald Judd e Andy Warhol, oltre ad artisti della Scuola di New York, Mark Rothko, Barnett Newman, che la portano a sviluppare la sua arte in tele di grande formato, con una forte propensione per la provocazione che la fa notare presso diversi artisti e studi. 



link

Nel 1960 lanciò il suo Manifesto "Kusama’s Self Obliteration" e dichiarò: "La mia vita è un pois perduto tra migliaia di altri pois... ". In questo periodo era molto conosciuta nella scena artistica d'avanguardia, ancorata comunque sempre al mondo i Warhol e Judd. La critica si mostrava positiva verso i suoi lavori e al personaggio che aveva creato nel tempo, parte importante del suo lavoro che lentamente segnò il passaggio da artista a performer. Nel 1964 presenta "One Thousand Boat Show" alla Galleria Gertrude Stein. Insieme a Driving Images, queste sono le sue due opere più famose, che mescolano barche, falli, ossessioni, immagini, suoni, video, manichini e oggetti, ricoperti di pois o maccheroni. Nel 1966 a New York si svolse il primo happening, 14th Street Happening, in cui l'artista è sdraiata al centro del marciapiede su un materasso ricoperto di forme falliche sporgenti con motivi a pois. 

Sempre nel 1966, Yayoi Kusama partecipa alla Biennale di Venezia senza essere invitata e senza autorizzazione. Con l'aiuto di Lucio Fontana, che le aveva messo a disposizione uno studio per alcuni mesi, versò 1.500 palline luccicanti nei canali antistanti il padiglione italiano e presentò così l'opera Narciso giardino. Tornò nel 1993, ufficialmente invitata a rappresentare il Giappone. Questa performance, in cui spesso i partecipanti sono nudi ed includono body painting, in collaborazione con ballerini o hippie, hanno lo scopo di scioccare e si svolgono in luoghi turistici o di grande passaggio, finendo inevitabilmente con l'intervento della polizia. Nel 1967, Yayoi Kusama diresse un film di ventitré minuti intitolato Kusama's Self Obliteration, montato e girato da Jud Yalkut. Combina filmati di vari eventi tenuti da Yayoi Kusama. Il video ha vinto diversi premi. Le opere performative hanno come apice il 1968, ma l'interesse svanì già nei primi anni '70.



La Kusama tornò definitivamente in Giappone nel 1973. Per scelta personale si fece ricoverare nell'ospedale psichiatrico Seiwa a Tokyo. Qui ha organizzato il suo studio privato. Smessi i panni dell'artista provocatore ha dedicato la sua arte dipinti naif su cartone. Il pubblico francese l'ha scoperta nel 2000 durante l'installazione di "Infinity Mirror Room Fireflies on Water" al Musée des Beaux-Arts di Nancy e nel 2001, durante la sua prima mostra parigina alla Maison de la culture du Japon. 

In questa installazione lo spettatore viene chiuso in una stanza cubica, completamente nera, il cui pavimento è costituito da una vasca nera ricoperta d'acqua. Alle pareti sono installati specchi che riflettono piccole lampadine colorate. L'effetto è spettacolare, la mancanza di punti di riferimento permette alla vista di perdersi in mezzo a quell'immensità estraniante. Probabilmente l'effetto voleva ricreare l'episodio allucinatorio che la Kusama aveva avuto nell'infanzia e far avvicinare, quasi coinvolgere lo spettatore nella sua visione interiore. La camera è stata ricreata nel marzo del 2024 in occasione di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura 2023 a Palazzo della Ragione, in Città Alta. 








copiright Yayoi-Kusama credits Roberto Marossi

Nel 1968 l'artista fonda la casa di moda "Kusama Fashion Company Ltd". La prima  collezione, composta da pantaloni a pois, abiti psichedelici e tuniche con influenze giapponesi. Queste creazioni prendono presto piede e vengono vendute in alcuni grandi magazzini di New York. L'idea dietro queste opere era quella di allontanarsi dalla moda in serie e proporre qualcosa di eccentrico, bizzarro, uno strumento di comunicazione della propria personalità. Tornata in Giappone nel 1975 continua collezioni con il suo marchio di moda. 

Nel 2006 riappare sulla scena della moda Newyorkese quando Marc Jacobs, allora direttore artistico di Louis Vuitton, le offrì una collaborazione, apponendo i suoi famosi pois sulla Louis Vuitton Ellipse Bag, continuando poi la collaborazione fino al 2012, con una collezione di moda prêt-à-porter composta da abbigliamento, scarpe ed accessori, vendute in diverse boutique Louis Vuitton sparse in tutto il mondo. Undici anni dopo, nel 2023, Louis Vuitton rilancia una collaborazione con l'artista, che ha un impatto internazionale, in particolare grazie alla sua campagna pubblicitaria; la campagna presenta automi a grandezza naturale di Yayoi Kusama che dipingono pois gialli sulle vetrine delle boutique Louis Vuitton di Parigi, Place Vendôme, Londra e New York.










Un'artista intrinsecamente complessa nella sua semplicità e immediatezza visiva, i pois, così come le forme falliche, i tentacoli, le zucche, e i colori vivaci al limite della psichedelia, creano un linguaggio personale che ha l'intento di ricreare ossessivamente la sua nevrosi probabilmente per liberarsene o esorcizzarla. Un modo forse per convivere con la propria malattie esponendola, per impedirle di sopraffarla. Avere il completo controllo della propria immagine esteriore per conquistare quella interiore, ferita e vittima del mondo che la circonda. 

Coinvolgere il pubblico per ottenere un riconoscimento esterno, l'affermazione di esistere e che la propria visione interiore riesca a connettersi con quella degli altri, senza banalizzarla. Il rischio oggi forse è proprio quello, di essere archiviata velocemente, il tempo di uno scatto di una sua opera, più per il gusto di esserci che per comprenderla veramente. Personalmente ho trovato la mostra di Bergamo un'operazione commerciale poco interessante, anche se l'opera in sé mi ha affascinato. Nel complesso vedo il suo percorso artistico estremamente originale e diretto, liberare, con un forte messaggio di uguaglianza tra uomini e donne. Parlare di libertà sessuale e denunciare la società di consumo eccessivo, facendone parte e successivamente forse un po' strumentalizzata diventando essa stessa parte di questo consumo. 



Nessun commento: